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Ristorazione scolastica verso il cambiamento

Il sistema della ristorazione pubblica, in generale, e di quella scolastica in particolare, può rappresentare un laboratorio di trasformazione sociale, economica e culturale.

In anni recenti l’introduzione dei Criteri Ambientali Minimi (CAM)[1], in vigore dall’agosto 2020, ha fatto emergere quello che i rapporti dell’associazione Foodinsider[2], che conduce ogni anno un’indagine sullo stato delle mense scolastiche, hanno definito l’“effetto CAM”: un cambiamento che non riguarda soltanto gli ingredienti, ma la natura stessa del servizio di ristorazione collettiva. Mettere al centro la qualità e la sostenibilità significa ripensare i menù, le filiere, le gare d’appalto e il rapporto tra scuola, famiglia e territorio; significa anche affrontare problemi antichi e nuovi, come lo spreco alimentare e la perdita di fiducia nel servizio.

I dati raccolti tra il 2021 e il 2024 mostrano un trend incoraggiante: una quota consistente di menù migliora dopo il rinnovo delle gare che applicano i CAM, un cambiamento che si traduce nella progressiva riduzione degli alimenti processati e delle monoporzioni in plastica, nella diminuzione delle carni rosse e nell’introduzione di prodotti biologici e a km0, compresi grani antichi e cereali alternativi. In molte città le nuove gare hanno prodotto incrementi significativi nei punteggi di qualità dei sondaggi di Foodinsider (ad esempio Torino è salita dal 33° posto del Report 2021-2022, al 21° di quello 2023-2024), segnale che la legislazione può tradursi rapidamente in pratiche virtuose quando viene accompagnata da progettualità locale e formazione.

Secondo dati del XXIV Rapporto sulla qualità degli edifici e dei servizi scolastici in Italia di Legambiente[3], nel 2024 le mense dove venivano serviti pasti biologici erano l’89,7%, con una percentuale media di biologico del 62,7%; a prevedere pasti preparati con prodotti certificati (IGP, DOP, ecc.) erano l’88%, sebbene per ogni pasto la media di tali prodotti si attestasse solo intorno al 30%; a privilegiare prodotti a km0 era l’86,2% delle mense.

Se negli anni sembra essere cresciuta l’attenzione alla qualità della materia prima e all’impatto ambientale complessivo dei pasti, un tasto dolente rimane quello delle cucine: secondo Legambiente, meno del 30% delle scuole ha una cucina interna, dato che si riflette spesso sulla qualità organolettica, se non su quella nutrizionale, dell’offerta.

Un dato allarmante è la diffusa percezione di insegnanti e genitori che i bambini non consumino interamente il pasto proposto: secondo le stime una quota rilevante degli alunni mangia meno della metà del piatto servito. Le motivazioni non possono che essere molteplici e composite, ma secondo Foodinsider la standardizzazione dei sapori prodotta dall’industrializzazione del pasto e l’erosione delle sue qualità organolettiche (consistenza, sapore, profumo) possono giocare un ruolo rilevante.

Non a caso, i numeri indicano che il modello con pasto trasportato tende a generare più scarti rispetto alla mensa con cucina interna, elemento che riafferma l’importanza dell’investimento nelle infrastrutture di servizio. A tale proposto, anche le istituzioni paiono aver rilevato il valore che la ristorazione collettiva può avere nella formazione dei più giovani, a livello fisico e sanitario, ma anche educativo. Con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) è stato stanziato un totale di oltre 500 milioni destinati alla creazione e riqualificazione delle mense scolastiche.

Costruire un sistema basato sull’apertura e sul dialogo tra scuola, fornitori, cuochi, genitori e studenti, e saper valorizzare prodotti e ricette locali e alimenti organoletticamente accattivanti può fare la differenza tra il consumo e il rifiuto del cibo, incrementare l’accettabilità dei piatti, e ridurre gli scarti.


Nell’autunno 2025 il Progetto IDEA intraprenderà, con alcuni Comuni dei Distretti del Cibo della Città Metropolitana di Torino, un percorso di avvicinamento al tema della ristorazione scolastica a base di prodotti locali, affrontandolo da diversi punti di vista, portando casi studio di esempi concreti di successo, con l’ausilio di professionisti ed esperti afferenti ai diversi settori coinvolti, e attraverso tavoli di discussione che favoriscano il dialogo e la concertazione tra le parti.

È un percorso che prenderà avvio dal dialogo con le Amministrazioni locali, ma sarà aperto a tutti gli attori interessati: amministratori locali, agricoltori, trasformatori, distributori, caterer, insegnanti e dirigenti scolastici e tutta la cittadinanza.

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[1] https://www.mase.gov.it/portale/cam-vigenti

[2] https://www.foodinsider.it

[3] https://www.legambiente.it/wp-content/uploads/2021/11/REPORT-ECOSISTEMA-SCUOLA-30.09.2024.pdf

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