
La ristorazione scolastica è una leva strategica per la formazione della cultura alimentare e per il rafforzamento delle filiere locali. A scuola il pasto non è solo nutrizione: è didattica e modello di riferimento per abitudini sane che, interiorizzate, sopravvivono anche al di fuori del contesto scolastico[1]; favorisce la familiarità degli studenti con la stagionalità dei prodotti e contribuisce a costruire un rapporto sano con il cibo laddove cresce la qualità organolettica e nutrizionale dei pasti.
La ristorazione scolastica può divenire anche strumento per connettere la produzione agricola e la domanda pubblica in una filiera territoriale riconoscibile e sostenibile. Favorire l’impiego di prodotti locali e a km0 nelle mense implica però strumenti pubblici e una gestione contrattuale attenta: specifiche nei capitolati, lotti aggregati per piccoli produttori, filiere corte strutturate e azioni di capacity building per gli operatori di cucina. Diverse amministrazioni hanno già inserito criteri di preferenza per prodotti locali e percentuali minime di biologico nei bandi di gara, mostrando come la domanda pubblica possa orientare l’offerta territoriale.
Se i benefici sono molteplici, dall’educazione alimentare alla miglior qualità delle materie prime, dalla riduzione dell’impronta ambientale e della filiera logistica al supporto economico diretto al comparto agricolo locale, le difficoltà non sono secondarie.
La frammentazione dell’offerta locale dei piccoli e medi produttori rende necessaria una logistica dedicata, con strumenti e spazi di aggregazione del prodotto e programmazione capace di garantire continuità, stabilità e quantità nelle forniture per non compromettere il servizio. I costi unitari per pasto spesso più alti, almeno nelle fasi di avvio, la rigidità delle procedure di appalto e la necessità di adeguare le competenze del personale e le cucine scolastiche per gestire prodotti freschi e stagionali sono ulteriori elementi che un’amministrazione non può non considerare qualora ambisca a proporre una “mensa a km0” nelle strutture scolastiche. Occorre inoltre un lavoro specifico dei professionisti della nutrizione ai fini di bilanciare menu nutrienti con la disponibilità stagionale locale.
La transizione delle mense scolastiche verso prodotti locali e a km0 rappresenta senza dubbio una sfida per gli stakeholder e tutti gli attori coinvolti: richiede un approccio integrato – tecnico, contrattuale e formativo – ma offre ricadute positive sulla qualità dell’alimentazione di bambini e ragazzi, sulla sostenibilità ambientale e sulla tenuta economica delle comunità agricole locali. Gli esempi nord-europei e alcuni progetti pilota italiani mostrano che, con governance dedicata e strumenti mirati, il modello è realizzabile e, auspicabilmente, replicabile su scala più ampia.
Nell’autunno 2025 il Progetto IDEA intraprenderà, con alcuni Comuni dei Distretti del Cibo della Città Metropolitana di Torino, un percorso di avvicinamento al tema della ristorazione scolastica a base di prodotti locali, affrontandolo da diversi punti di vista, portando casi studio di esempi concreti di successo, con l’ausilio di professionisti ed esperti afferenti ai diversi settori coinvolti, e attraverso tavoli di discussione che favoriscano il dialogo e la concertazione tra le parti.
È un percorso che prenderà avvio dal dialogo con le Amministrazioni locali, ma sarà aperto a tutti gli attori interessati: amministratori locali, agricoltori, trasformatori, distributori, caterer, insegnanti e dirigenti scolastici e tutta la cittadinanza.
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[1] https://schoolmealscoalition.org/sites/default/files/2024-05/Kuusipalo_Manninen_2023_Food_Meals_Case_Study_Finland.pdf